Giovedì 14 novembre, ho avuto il piacere di partecipare al festival Medioera a Viterbo, un evento dedicato all’innovazione e alla cultura digitale. Durante il mio intervento, ho presentato il mio libro Sorvegliati e contenti, edito da Egea Bocconi, e ho condiviso alcune riflessioni sul rapporto tra tecnologia, sorveglianza e società.
Un tema centrale del mio discorso è stato il passaggio dal concetto di “oggetto” a quello di “cosa”. In apparenza, un oggetto come uno smartphone potrebbe sembrare un semplice strumento funzionale, ma quando entra in un sistema di relazioni più ampio, come una rete connessa o un ecosistema digitale, si trasforma in una “cosa” con un ruolo attivo. Con l’avvento dei social media, le interazioni sono accelerate e così come la possibilità di mappare le preferenze, i gusti, le relazioni umane. Tuttavia, questa rete di connessioni non è neutrale: può essere sfruttata per prevedere comportamenti, influenzare opinioni o, in casi estremi, orchestrare operazioni di intelligence.
Uno smartphone non è più solo un mezzo, ma diventa parte di un sistema capace di raccogliere, elaborare e influenzare dati, plasmandoli secondo scopi precisi. Le tecnologie non sono mai neutrali: nascono con specifiche affordances che determinano come interagiamo con esse e, di conseguenza, come le nostre abitudini e interazioni verranno influenzate.
Questo ci porta a riflettere sul ruolo delle grandi piattaforme tecnologiche, i GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft), che hanno costruito interi ecosistemi basati sulla raccolta e sull’elaborazione dei nostri dati. Spesso ci troviamo inconsapevolmente a nostro agio con un modello di page ranking che ci fornisce risultati e servizi apparentemente utili o desiderabili.
Tuttavia, questo avviene a costo della nostra privacy: siamo sorvegliati, ma ci sentiamo contenti, perché crediamo di ricevere ciò di cui abbiamo bisogno.
Un altro aspetto cruciale affrontato durante l’intervento è stato il passaggio dall’Internet of Things (IoT) all’Intelligence of Things (InoT). L’IoT si concentra sulla connessione di oggetti per raccogliere dati; l’InoT va oltre: trasforma dati e informazioni in conoscenza “attiva, utile”. Non si tratta di un sistema legato esclusivamente ai servizi segreti, ma di un metodo di ricerca che si basa sull’interconnessione delle “cose”.
A tal proposito, ho approfondito l’importanza di OSINT (Open Source Intelligence) e HUMINT (Human Intelligence), due approcci fondamentali per la raccolta e l’analisi delle informazioni. Entrambi rappresentano metodi chiave per trasformare il vasto mare di dati digitali in insight strategici, utilizzati tanto dai servizi segreti quanto in altri ambiti, dalla sicurezza nazionale al marketing avanzato.
Durante l’intervento, ho cercato di evidenziare i rischi e le opportunità insiti in queste tecnologie, invitando il pubblico a riflettere non solo sulla loro utilità, ma anche sulle responsabilità che comportano. La conoscenza è il primo passo verso una consapevolezza collettiva: solo capendo il funzionamento di questi sistemi possiamo davvero affrontare le sfide del nostro tempo.
Voglio ringraziare gli organizzatori del festival Medioera e tutti coloro che hanno partecipato con entusiasmo e interesse. Comprendere i meccanismi nascosti dietro gli strumenti – o, più precisamente, le “cose” – che utilizziamo quotidianamente è essenziale per affrontare con consapevolezza le sfide poste dalla continua evoluzione tecnologica.
Spero di essere riuscito a offrire spunti di riflessione e a stimolare una maggiore attenzione verso questi temi cruciali per il nostro tempo. Grazie ancora.
RASSEGNA STAMPA – Festival Medioera 14 novembre 2024
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